Storia di Giorgia, affetta da leucodistrofia metacromatica, e di come sua sorella Sofia, più grande e sintomatica le abbia salvato la vita, dandole la possibilità di sottoporsi alla terapia genica messa a punto dai ricercatori Telethon.
Ci sono notizie che possono sconvolgere completamente la vita di una famiglia, che fino a poco tempo prima si definiva “normale”: è quello che è accaduto ad Antonio e Roberta nell’autunno del 2015, quando hanno scoperto che entrambe le loro figlie avevano una malattia genetica gravissima, la leucodistrofia metacromatica (MLD). Una malattia rara, mai sentita nominare prima e di cui erano inconsapevolmente portatori sani.
Tutto comincia quando la figlia maggiore Sofia, a un anno e mezzo, ha una febbre alta. Nel giro di qualche giorno diventa inspiegabilmente strabica. Quando il problema sembra essere rientrato, i genitori iniziano a notare come sia goffa e impacciata nel camminare. I primi esami, per quanto approfonditi non portano a nulla: i medici, però, ritengono che grazie a un po’ di fisioterapia la bambina possa recuperare facilmente. Invece Sofia inizia a peggiorare: cade spesso, è scoordinata, non riesce a stare in piedi. Nuovi accertamenti all’Ospedale Bambino Gesù di Roma portano questa volta alla dura diagnosi.
Come ricorda il papà, «siamo stati presi alla sprovvista. Pochissimi conoscevano questa malattia, che non è soltanto rara, ma anche difficile da diagnosticare. Inizialmente i sintomi possono far pensare ad altre patologie più comuni e meno gravi».
«Ci siamo dovuti adattare, abbiamo cambiato il nostro modo di pensare e vedere le cose. Abbiamo iniziato a vivere la vita giorno per giorno, senza pensare troppo al futuro».
Da Sofia a Giorgia
La MLD è dovuta alla carenza di una proteina fondamentale per smaltire delle particolari sostanze che, se si accumulano, possono danneggiare in modo irreversibile il cervello e i nervi. È una malattia genetica e per manifestarla occorre ereditare il difetto da ciascuno dei genitori, che invece sono portatori sani. I medici che hanno in cura Sofia consigliano quindi di eseguire subito il test anche sulla sorella più piccola, Giorgia. Ha solo dieci mesi e non mostra alcun problema: purtroppo, però, l’esame conferma che anche lei ha ereditato la malattia. È solo questione di tempo, andrà incontro agli stessi problemi della sorella.
In quel momento di buio totale, però, si accende una luce. Per Sofia probabilmente è troppo tardi, ma per la sorella più piccola potrebbe esserci una speranza concreta: la terapia genica, un trattamento sperimentale messo a punto dall’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano, che da cinque anni sta mostrando risultati molto promettenti, soprattutto quando si interviene prima dell’esordio dei sintomi.
«Ci siamo aggrappati subito a questa possibilità – ricordano i genitori. Era la nostra unica speranza di fronte a qualcosa di più grande di noi. Abbiamo dovuto prendere il meglio di quello che la situazione ci offriva».
Una risposta concreta
A Milano, lo staff clinico dell’Istituto San Raffaele-Telethon, guidato da Alessandro Aiuti, conferma che Giorgia può ricevere il trattamento: la malattia non ha ancora esordito e ci sono buone possibilità che intervenendo subito si arresti il processo degenerativo. Per Sofia, invece, purtroppo è tardi, ma non tutto è perduto: a Parigi, infatti, è in corso una sperimentazione di un’altra terapia per i bambini già sintomatici come lei, che si spera possa almeno rallentare o stabilizzare la progressione della malattia.
«Quando abbiamo saputo che Giorgia poteva essere trattata sono scoppiata a piangere – ricorda mamma Roberta. Ho sognato di vederla crescere e correre felice come tutti gli altri, di poter vedere in lei quello che non avrei potuto vedere nella sorella».
Il 12 febbraio del 2016, a poco più di un anno, Giorgia riceve le sue cellule staminali del sangue corrette con la terapia genica. Dopo avergliele prelevate nei giorni precedenti, i ricercatori le hanno corrette geneticamente grazie a un alleato impensabile: il virus HIV, reso innocuo e trasformato in un vettore dell’informazione genetica corretta. Così modificate, le cellule di Giorgia hanno iniziato a produrre l’enzima mancante, capace di ripulire il suo organismo dai metaboliti tossici per il sistema nervoso.
Una splendida normalità
Dopo la terapia, Giorgia ha continuato a crescere, lungo tutte quelle normali tappe che scandiscono l’infanzia di un bambino sano: ha imparato a camminare, a parlare, a mangiare da sola. È cresciuta e ha iniziato a frequentare prima l’asilo e poi la scuola elementare. Va in piscina, le piace ballare, cantare, disegnare. Tappe della vita che sono state precluse a sua sorella Sofia, che però grazie alla terapia sperimentale ha visto la sua malattia stabilizzarsi. Non parla, non cammina ma è presente, frequenta una scuola speciale dove fa quotidianamente fisioterapia e logopedia.
«Sofia è dolce, affettuosa, interagisce con lo sguardo e, soprattutto, è ancora con noi – commenta commosso il papà. Ha letteralmente salvato la vita di sua sorella. Le dimostra un amore sconfinato e a noi piace pensare che sia felice di aver sottratto Giorgia alle sue difficoltà».