Con l’arrivo nel porto di Messina sono ufficialmente partiti i lavori dell’Istituto Telethon Dulbecco, ospitato a bordo della nave da crociera Navigator of the Seas grazie al sostegno di Royal Caribbean International. La prima mattinata è dedicata al cervello e ai meccanismi molecolari alla base della degenerazione del tessuto nervoso in svariate malattie, dal Parkinson al ritardo mentale, dalle neuropatie demielizzanti come la Charcot-Marie-Tooth a sindromi complesse come quella di Cornelia De Lange.
Oltre a essere un momento di condivisione degli ultimi risultati ottenuti dai propri gruppi di ricerca – spesso talmente “freschi” da non essere ancora stati pubblicati su riviste internazionali – il retreat è anche un’occasione per dare spazio e parola ai ricercatori più giovani, all’avvio della propria carriera professionale. Tra questi c’è , giovane ricercatrice francese di 27 anni che da un anno lavora nel gruppo di Alessandra Bolino all’Istituto San Raffaele di Milano. Capelli rossi e parlata sciolta, Francoise ha studiato a Parigi e ha scelto l’Italia per proseguire la propria carriera post-dottorato. «A un certo punto fare un’esperienza all’estero diventa di fatto obbligatorio nel nostro lavoro. Devo confessare che di primo acchito la mia scelta “italiana” appariva un po’ strana ai colleghi… ma bastava nominare Telethon perché cambiassero immediatamente idea. Nel mondo scientifico la reputazione di questa organizzazione è davvero alta».
In Francia Francoise studiava la leucodistrofia metacromatica, malattia genetica neurodegenerativa ben nota nel mondo Telethon. «Lavoravamo a stretto contatto con i pazienti per sviluppare la terapia genica e devo dire che incontrarli e conoscerli mi dava una motivazione incredibile, anche in quelle giornate storte in cui gli esperimenti non vengono e l’entusiasmo è sotto i piedi. Per questo quando sono venuta in Italia ho scelto non soltanto di rimanere nel settore delle malattie del sistema nervoso, ma di lavorare in un gruppo che stesse sviluppando una terapia. La ricerca di base è irrinunciabile se vogliamo capire i meccanismi con cui si sviluppano le malattie, ma io ho bisogno di sapere che sto provando a trovare una cura».
All’Istituto San Raffaele di Milano la giovane ricercatrice francese sta studiando, grazie al finanziamento del Program Project del 2010, una delle forme più gravi di Charcot-Marie-Tooth, la 4B1, che può compromettere anche la capacità di respirare. In questo programma di ricerca che coinvolge vari gruppi dalle competenze integrate l’obiettivo è sviluppare delle terapie farmacologiche in grado di ripristinare la corretta produzione di mielina, il rivestimento isolante dei nervi.
«Abbiamo individuato una particolare via metabolica su cui sappiamo che esistono dei farmaci attivi in grado di modulare all’occorrenza la produzione di mielina: sappiamo infatti che esistono neuropatie in cui ne viene prodotta troppa, altre in cui invece c’è un deficit. I primi risultati in laboratorio sono incoraggianti, la nostra speranza è poterli tradurre in una possibilità terapeutica per i pazienti».