«Nel nostro ambiente il programma Telethon Dulbecco è come un sogno: riuscire a ottenere il finanziamento è stata una soddisfazione grandissima non solo per me, ma anche per tutto il mio gruppo».
Maria Pennuto, classe 1971, è una delle quattro new entry dell’Istituto Telethon Dulbecco, il programma carriere istituito nel 1999 per favorire in Italia il lavoro di giovani e brillanti scienziati impegnati nel campo delle malattie genetiche rare. Grazie a questo finanziamento – oltre 500mila euro per i prossimi cinque anni – metterà infatti in piedi un proprio gruppo di ricerca indipendente, ospitato dal Centro di biologia integrata (Cibio) dell’Università di Trento.
La storia professionale di Maria inizia all’Università di Roma La Sapienza, dove si laurea in biologia nel 1996. Da lì si trasferisce all’Istituto San Raffaele di Milano, dove rimane otto anni, tutti all’insegna dello studio del sistema nervoso.
«Se all’inizio ero concentrata nello studio dei meccanismi di base della trasmissione dei segnali nervosi, a un certo punto in me è scattato qualcosa. Il bisogno di applicare la mia ricerca a una patologia: solo così mi sono sentita davvero completa come scienziata. Adesso che i pazienti mi chiamano per sapere come possono curarsi, che prospettive ci sono dalla ricerca o anche soltanto per ricevere un conforto e non sentirsi così soli con la loro malattia mi sento incoraggiata e gratificata».
Dopo il dottorato di ricerca, infatti, Maria “vira” verso una ricerca più traslazionale, iniziando ad applicare le sue conoscenze a una precisa malattia, quella di Charcot-Marie-Tooth. Una patologia dei nervi periferici, dovuta a un difetto in quel rivestimento isolante chiamato mielina che consente al segnale di viaggiare indisturbato. Una malattia rara, eppure dice Maria «Non ho mai vissuto questo come una limitazione. Che i pazienti affetti dalla malattia che studio siano dieci, mille o un milione non cambia. E poi le malattie rare sono un modello eccezionale per studiare i meccanismi di base che fanno funzionare o meno il nostro organismo, con tanti punti in comune anche con patologie molto più diffuse, come per esempio l’Alzheimer o il Parkinson. Certo, quando poi si deve sviluppare una terapia serve una ricerca più mirata, ecco perché è così importante che esista un ente come Telethon».
Nel 2005 comincia l’avventura internazionale di Maria, presso i National Institutes of Health di Bethesda, negli Usa: il laboratorio che la ospita è quello diretto da Kenneth Fischbeck, lo scienziato che ha scoperto il gene responsabile della malattia che sarebbe poi diventata la protagonista della sua attività di ricerca, quella di Kennedy. Detta anche atrofia muscolare spinale bulbare, è dovuta a difetti nel recettore degli ormoni androgeni: il legame tra questi ormoni e il loro recettore produce per ragioni ancora poco chiare un segnale tossico per i motoneuroni, le cellule nervose deputate a impartire ai muscoli il comando di movimento.
«È una patologia rara, ancora poco diagnosticata: in certi casi viene addirittura confusa con la Sla, che ha una prognosi decisamente peggiore. Questo fa sentire i pazienti ancora più soli, dimenticati. Ecco perché vorrei al più presto aiutarli a creare un’associazione in Italia, con l’aiuto di Telethon e dei miei colleghi».
Negli Usa Maria fa una scoperta importante: attivando una precisa via metabolica, quella del fattore di crescita insulino-simile, si può impedire il legame del testosterone con il recettore difettoso ed evitarne così l’effetto tossico. Nel modello animale questo approccio previene l’insorgenza dei sintomi.
«È stato un successo al di là delle aspettative, soprattutto perché esistono dei farmaci già impiegati per altri usi che mimano bene l’effetto di questo fattore di crescita e che prossimamente potrebbero quindi essere testati come potenziale terapia sui pazienti».
Tornata in Italia dopo l’esperienza statunitense, nel 2009 la ricercatrice mette in piedi un proprio gruppo a Genova, presso l’Istituto italiano di tecnologia, con l’obiettivo di andare a fondo dei meccanismi molecolari che portano alla morte i motoneuroni in questi pazienti.
«Per sviluppare una terapia adeguata ed efficace non si può prescindere da una piena comprensione dei meccanismi di base: noi crediamo che il muscolo scheletrico abbia a sua volta un ruolo di primo piano nello sviluppo dei sintomi, ovvero che non subisca semplicemente la morte dei motoneuroni».
Una sfida entusiasmante per Maria, soprattutto alla luce di questo nuovo e importante finanziamento targato Telethon che entro un anno la porterà a trasferire il proprio laboratorio a Trento. «Certo non è come fare il trasloco di casa – scherza -. Si sposterà tutta la famiglia e diversi dei miei collaboratori, altri invece dovranno essere reclutati ex novo. Devo dire, però, che la soddisfazione di aver vinto un finanziamento così prestigioso ha prevalso su tutto, è stato motivo di orgoglio generale. E poi, come dico sempre a chiunque lavori con me, soldi come quelli di Telethon hanno un valore speciale: non ci fanno soltanto lavorare, ma vengono da persone che credono in noi e che si aspettano un futuro migliore. Non dobbiamo mai dimenticarlo».