Vivo da anni in California, ma sono felice di poter dare, ancora una volta, il mio contributo a Telethon. E sono contento di sapere che questa organizzazione, che tiene alto nel mondo il nome dell’Italia nel campo della ricerca biomedica, sta lanciando un secondo grande evento di raccolta fondi, dopo la maratona televisiva a cui ho partecipato numerose volte.
“Walk of life: il cammino per la ricerca”. Un bel nome che riassume una metafora indovinata. Perché camminare e fare ricerca sono due attività connaturate nell’essere umano, fin dall’alba dei tempi. E poi la ricerca scientifica è sport per fondisti, gente disposta a soffrire e a macinare chilometri. Come una maratona. O una camminata.
Il mio cammino per la ricerca è cominciato a Torino, un’ottantina di anni fa, quando mi iscrissi alla facoltà di Medicina. Pensavo di diventare chirurgo, poi scelsi la ricerca. Volevo capire i meccanismi delle malattie e trovare i modi per curarle.
Dopo la laurea dovetti lasciare il laboratorio per andare in guerra come ufficiale medico. Prima sul fronte francese, poi su quello russo. Nel 1947, andai a lavorare all’università di Bloomington, nell’Indiana. Sulla nave per gli Stati Uniti viaggiava un’altra giovane scienziata italiana, Rita Levi Montalcini. Fummo tra i primi “cervelli” italiani ad emigrare.
Nel 1975 vinsi il premio Nobel per le mie ricerche sui virus tumorali. Fu allora che in Italia si accorsero di me. Mi invitarono a convegni e talk show, la mia faccia appariva sulle copertine dei giornali. Nel 1986 fui incaricato di guidare il Progetto Genoma Umano e qualche anno dopo fui chiamato da Telethon a presiedere la Commissione medico scientifica internazionale, che stabilisce quali progetti finanziare con i soldi donati dagli italiani. A convincermi ad accettare l’incarico fu la serietà del sistema che Telethon aveva creato per valutare la ricerca. Un modello organizzato secondo criteri di rigore e di eccellenza che non ha nulla da invidiare ai grandi enti finanziatori degli Stati Uniti.
Per Telethon, nel 1999, decisi di devolvere il cachet della mia partecipazione al Festival di Sanremo al Progetto Carriere, che aveva l’obiettivo di dare opportunità di lavoro in Italia a brillanti scienziati. Da allora sono stati attivati più di trenta laboratori di altissimo livello, che hanno dato lavoro ad oltre trecento giovani ricercatori, molti dei quali sono rientrati dall’estero grazie a Telethon.
Oggi è proprio al Progetto Carriere, che ha preso poi il mio nome (Dulbecco Telethon Institute, ndr), è dedicata la raccolta fondi della Walk of life. È davvero importante che partecipino in tanti. Perché il cammino della ricerca riguarda il futuro di tutti.
Renato Dulbecco
Editoriale pubblicato sul Telethon Notizie del 2011.