«Nell’era dei social network ci ritroviamo ogni giorno a condividere con altre persone commenti, pensieri, contributi di vario tipo. Anche nella ricerca biomedica la condivisione è importante, ma nel caso di malattie genetiche eccezionalmente rare direi che è essenziale. Grazie alle potenti tecnologie di oggi per l’analisi del Dna possiamo individuare anche mutazioni fino a quel momento sconosciute, ma queste informazioni sono inutili se non le condividiamo con altri colleghi. Nel caso di un difetto rarissimo, che magari riguarda solo tre persone al mondo, è soltanto da un confronto allargato a livello mondiale che possiamo sperare di individuarne altri simili e avere così un’idea di come quella malattia evolverà».
Spiega così Vincenzo Nigro dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli, dove da un anno è in corso un progetto dedicato alle malattie senza diagnosi, quelle a cui con gli strumenti “standard” non è ancora stato possibile dare un nome. Dopo un’attenta valutazione clinica, i pazienti e i loro genitori vengono indirizzati all’analisi genetica mediante sequenziamento dell’esoma, la porzione codificante e quindi altamente informativa del nostro patrimonio genetico. A partire dal 4 aprile 2016, si sono registrati al portale dedicato 107 medici, che insieme ai clinici del programma hanno proposto un totale di 153 casi. Esclusi quelli per i quali sono state richieste ulteriori informazioni cliniche o che sono al momento sotto indagine medica, sono stati valutati complessivamente 129 pazienti. Per 4 di loro si è già arrivati a una diagnosi clinica, mentre per altri 14 l’analisi genetica per sequenziamento è stata decisiva per identificare le mutazioni che sono associabili alla patologia.
«Tra i casi “risolti”, uno in particolare dimostra il valore della condivisione allargata dei dati – ricorda Nigro. Si tratta di un bambino napoletano affetto da una sindrome sconosciuta caratterizzata da gravi deficit cognitivi e motori: l’analisi del suo Dna – e di quello della sorellina, che aveva iniziato a manifestare sintomi simili – ha messo in luce una mutazione a carico di uno specifico gene chiamato RARS2. Ebbene, presentando questi dati a un meeting scientifico a Tokyo lo scorso novembre, a cui hanno partecipato colleghi di altri Paesi coinvolti in programmi simili, è emerso che stava per partire uno studio clinico sponsorizzato da un’azienda americana per valutare l’effetto di un farmaco proprio su pazienti con difetti in questo gene. Naturalmente abbiamo subito messo in contatto la famiglia con i clinici che stanno organizzando lo studio e siamo in attesa di sapere se effettivamente i due bambini potranno essere inclusi. In questo caso, il confronto con i colleghi ci ha permesso di offrire un’opportunità concreta a una famiglia a cui avevamo fornito una diagnosi molto pesante»
Presi da soli, quindi, i dati genetici sono poco utili quando parliamo di malattie così rare: ecco perché il programma Telethon per le malattie senza diagnosi è inserito in un vero e proprio consorzio internazionale che coinvolge i principali programmi di questo tipo attivi nel mondo.
«Tutti i dati relativi ai pazienti di cui analizziamo il Dna vengono resi anonimi, per ragioni di privacy, e poi condivisi in un database comune accessibile a ricercatori di tutto il mondo. Questo aumenta enormemente le probabilità di individuare casi analoghi e si traduce in maggiore conoscenza, possibilità di trovare progetti di ricerca o studi clinici in corso su un particolare difetto genetico, oppure farmaci o molecole che si siano dimostrati in qualche modo in grado di agire su quello specifico gene. Ormai l’importanza di questo tipo di studi è chiara a tutti, tanto che ne stanno nascendo in diversi Paesi: in questo la Fondazione Telethon ha dimostrato ancora una volta la sua lungimiranza, finanziando per prima in Italia un programma innovativo come questo».