Ksenjia Gorni ha 38 anni ed è una neuropsichiatra infantile presso il Centro Nemo. Da sempre lavora sulle malattie neuromuscolari e dopo un periodo di lavoro negli USA con il Dr Hoffmann, colui che ha scoperto il gene della distrofina, torna in Italia dove l’impatto è difficile.
Quando le propongono il Centro Nemo è un sogno che si avvera perché nel nostro Paese è l’unico posto dove si lavora a 360 gradi sul neuromuscolo.
L’offerta arriva da Alberto Fontana pochi giorni dopo la morte della sua amatissima cugina in Serbia. È lo zio, medico come la figlia appena scomparsa, che la convince a tornare in Italia ed accettare la nuova sfida.
Figlia di padre italiano e madre serba, Ksenjia racconta di quando durante la guerra in ex Jugoslavia stava le ore al telefono con la cugina mentre cadevano le bombe. Per lei è stata dura soprattutto dover riconoscere i lati oscuri del suo popolo, quelli che hanno portato alla guerra.
Il suo mestiere di medico l’appassiona. «Sono visceralmente attaccata ai pazienti, li difendo come una tigre», ammette e sorride.
Per loro ha costretto molti degli specialisti del Niguarda a collaborare e ad ascoltare le necessità direttamente dalla bocca dei pazienti. È una bella donna, ma tempo per un fidanzato vero non ce n’è: «faccio sempre casini», ammette. In compenso ha tanti amici e tante passioni, come quella per i rollerblade, per la montagna, le immersioni e il canto corale.