«Prima che un lavoro, la ricerca è una passione. Che non ti lascia mai, perché non puoi pensare di dedicarvi solo una certa percentuale del tuo tempo. Al punto che anche in un momento di assoluto relax, nel silenzio della tua stanza, puoi ritrovarti a pensare a come fare un esperimento il giorno dopo».
Così la pensa Giosalba Burgio, giovane ricercatrice palermitana che lavora all’Istituto Telethon Dulbecco, nel laboratorio guidato da Davide Corona.
«Mi sento una privilegiata: ho avuto la possibilità di fare ricerca di ottima qualità nella mia città, quella dove sono nata e ho studiato. Mentre stavo terminando la tesi di laurea, Davide mi ha proposto di far parte del nuovo gruppo che stava mettendo in piedi all’università di Palermo, grazie al programma carriere di Telethon. Che dire? Ci siamo piaciuti a vicenda e sono ormai otto anni che lavoriamo insieme, studiando quei meccanismi definiti “epigenetici” che possono influire sull’attività dei geni senza tuttavia modificarne la sequenza».
In questi anni Giosalba ha conseguito anche un dottorato di ricerca in Oncobiologia sperimentale e ha trascorso un periodo di formazione in Germania, per specializzarsi nell’utilizzo di particolari tecniche di laboratorio. Del suo lavoro, che definisce “una full immersion nel mondo della conoscenza” ama la forte componente creativa, ma riconosce anche l’aspetto meno positivo della frustrazione, quella con cui devi imparare a convivere perché non sempre gli esperimenti “vengono”. «Per quanto» aggiunge lei «non esistono esperimenti “sbagliati”, ma solo esperimenti che non ci dicono quello che magari ci aspettavamo. E un buon ricercatore si riconosce proprio dalla capacità di interpretare i risultati e di trasformare un risultato apparentemente negativo in un nuovo punto di partenza».
E a Giosalba è successo qualcosa di simile: in un pomeriggio apparentemente qualunque di oltre un anno fa stava osservando al microscopio cellule di Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta che rappresenta uno dei modelli cardine degli studi genetici. In particolare, la ricercatrice si è accorta di un’anomalia: i cromosomi – quella sorta di “bastoncini di Dna” in cui è suddiviso il patrimonio ereditario degli organismi eucariotici, uomo compreso – apparivano fusi alle loro estremità, a formare dei cerchi.
Un errore sperimentale? Una serie di esperimenti di controllo esclude questa possibilità e Giosalba comincia a pensare a cosa possa esserci alla base. Da lì è nato un vero e proprio progetto di ricerca, culminato nella pubblicazione in questi giorni su un’importante rivista internazionale, The Journal of Cell Science*, di un risultato originale: la dimostrazione che la fusione dei telomeri (così si chiamano in gergo tecnico le estremità dei cromosomi) è dovuta all’assenza di una proteina capace di aggiungere dei particolari gruppi chimici sulle estremità dei cromosomi.
«L’aggiunta di queste “bandierine chimiche”» spiega la ricercatrice «è una modificazione epigenetica, che non riguarda direttamente il Dna ma ne può influenzare l’espressione. Questo tipo di modifiche sono molto importanti, possono dirci per esempio se un certo gene sarà letto o meno dalla cellula, ma anche spiegare svariate patologie dove il danno non è a livello dei geni, ma è tale da renderli illeggibili da parte della cellula. In questo caso specifico abbiamo dimostrato che la stabilità dei telomeri può essere regolata da un meccanismo epigenetico: questo è molto importante, perché le estremità dei cromosomi sono una sorta di orologio biologico della cellula, in quanto si accorciano progressivamente con l’età. La sregolazione di questo meccanismo è stata correlata al cancro e ad altre patologie».
Un meccanismo molto conservato dal punto di vista evolutivo: in particolare, la proteina protagonista dello studio di Giosalba, ha una “gemella” nei mammiferi, che svolge una funzione analoga. A conferma – se ce ne fosse bisogno – di come nella ricerca scientifica possano sorgere continuamente i collegamenti più inaspettati.
*G. Burgio, F. Cipressa, A. Ingrassia, G. Cenci, D. Corona, "The histone deacetylase Rpd3 regulates the heterochromatin structure of Drosophila telomeres". Journal of Cell Science, 2011.