Maria Pia Calzone è attrice di cinema, teatro e tv, ma è anche una donna di grande sensibilità che ha scelto di essere al fianco di tante famiglie che affrontano una malattia genetica rara, diventando ambasciatrice Telethon. Conosciamola meglio!
Maria Pia Calzone è un’interprete capace di infondere intensità a qualsiasi ruolo affronti. Personaggi spesso impetuosi, sicuramente passionali, mai ordinari, alimentati da una fiamma che trae forza, oltre che da una forte personalità, anche da origini fieramente campane.
Accanto alla bravura come interprete Fondazione Telethon e i suoi sostenitori l’apprezzano sempre di più anche per la sua grande sensibilità di donna sempre pronta a incoraggiare nuovi sostenitori della ricerca e a promuovere l’adesione di giovani volontari per Telethon.
Attrice di cinema, teatro, televisione: quale “mezzo” si avvicina maggiormente alla sua personalità?
Non ho una particolare preferenza rispetto al mezzo o al tipo di linguaggio. Sicuramente la cinepresa o la telecamera impongono un tipo di interpretazione diversa dal palcoscenico. Se nel primo caso occorre concentrare l’intera gamma emotiva anche solo in uno sguardo, a teatro conta molto il movimento e l’apertura verso l’esterno. Le tournee teatrali, poi, comportano lunghi periodi di assenza da casa e ci sono momenti nella vita di un attore o di un’attrice, durante i quali non è possibile concedersi così tanto tempo di lontananza. Di contro, il cinema o le fiction televisive permettono una gestione di vita più regolare. Oggi, ad esempio, mi trovo in una fase in cui mi manca sentire l’odore delle tavole del palcoscenico.
Uno dei ruoli più importanti della sua carriera è quello di Imma Savastano in Gomorra. Come si entra in un personaggio così complesso e “negativo”?
Per un’attrice i ruoli più belli sono spesso quelli che distano “molte miglia emotive e caratteriali” dalla propria personalità. Per interpretare il personaggio di donna Imma ho dovuto rintracciare corde e attingere a risorse interiori che non immaginavo di possedere. Questo lavoro di ricerca è uno degli aspetti più belli del nostro mestiere. L’umanità e la credibilità che gli attori e le attrici mettono nei caratteri dei personaggi nascono in buona parte dalle esperienze personali e da un lavoro certosino di “immersione” nelle zone ancora insondate del proprio io.
Cosa ha “regalato” il personaggio di Imma alla donna Maria Pia?
Mi ha lasciato regali enormi, nonostante la sua realtà fosse lontanissima da me. Ho dovuto innanzitutto comprendere Imma e fare mia, in qualche modo, la sua psicologia. Ed è così che ho scoperto una forza che non sapevo di poter esprimere e anche la consapevolezza che per difendere quello che amo sarei disposta a fare qualunque cosa. Ogni personaggio ci costringe a esercitare la nostra umanità, a metterci in relazioni con il nostro e il suo universo emotivo.
Un processo impegnativo…
Sì! Le racconto un episodio personale. Molti anni fa, dopo essermi resa conto di essere stata tradita, le mie ginocchia iniziarono a tremare involontariamente. Nonostante il momento annotai mentalmente quella reazione così da riprodurla nel caso interpretassi un personaggio nella stessa situazione… Mio figlio mi prende in giro perché quando viaggiamo sono persa con lo sguardo, intenta nell’osservazione di chi mi circonda, alla ricerca di tic, atteggiamenti che poi riporto in scena.
Lasciamo Maria Pia artista per conoscere meglio Maria Pia donna. Da qualche anno ha scelto di essere ambasciatrice di Telethon: cosa era la Fondazione per lei prima di incontrarla sul suo cammino?
Il primo e più vivido ricordo che ho di Fondazione Telethon è legato alle maratone TV. Ho sempre manifestato una spiccata sensibilità verso la ricerca scientifica e Telethon mi ha sempre trasmesso l’idea di quanto fosse cruciale l’impegno dei suoi scienziati per il benessere di migliaia di persone, soprattutto bambini, oltre che per ognuno di noi.
Poi un giorno ha incontrato Telethon….
Sì. Il caso ha voluto che una mia amica mi chiedesse di intervenire a favore delle campagne della Fondazione in tema di donazioni regolari e di volontariato, proposta che ho accettato con entusiasmo.
Ha detto di essere da sempre interessata alla ricerca scientifica, perché?
Perché la malattia ha toccato direttamente la mia famiglia: mio zio, il fratello di mia madre, ha una disabilità psichica e questa esperienza ha sicuramente influito sulla mia propensione verso chi ha maggiormente bisogno di assistenza, comprensione e accoglienza. Ho sempre pensato che se la ricerca scientifica, all’epoca in cui mio zio era ancora bambino, fosse stata avanzata come lo è oggi magari la sua vita sarebbe potuta essere diversa, meno dolorosa, non solo per lui ma anche per tutta la mia famiglia. Inoltre, la presenza di questo caso di malattia in famiglia mi ha portato, una volta confermata la mia gravidanza, a sottopormi a indagini di natura genetica proprio per accertare se fossi portatrice sana di malattie che avrebbero potuto manifestarsi in mio figlio.
Cosa significa per lei mettere al servizio della ricerca scientifica la sua visibilità di artista e attrice?
Sono personalmente convinta che, in generale, la popolarità possa essere sfruttata per amplificare iniziative con finalità solidali o umanitarie, anche se riconosco il fatto che non per tutti gli artisti sia o debba essere così. Conosco colleghi e colleghe la cui timidezza costituisce un impedimento oggettivo rispetto a certe esperienze.
Ha nominato più volte suo figlio… Il pensiero di una donna che affronta ogni giorno la malattia rara di un figlio o una figlia che emozioni le suscita?
In un certo senso ho vissuto da vicino questo tipo di esperienza, prima attraverso mia nonna e poi con mia madre, perché entrambe si sono prese cura di mio zio. Certe situazioni familiari, osservate dall’esterno, suscitano in me un senso di impotenza e inadeguatezza. Sono condizioni che impattano sulla vita di una famiglia e diventano il fulcro intorno al quale ogni responsabilità e ogni risorsa si concentra. Come mamma sono impegnata, non senza una certa ansia, a sostenere la crescita di mio figlio affinché un giorno possa procedere nella vita senza esitazione. Provo una grandissima stima per i genitori che fronteggiano con energia e spirito di servizio la condizione di difficoltà dei propri figli, consapevoli che l’unica speranza è legata proprio ai progressi della scienza.
Nei suoi appelli lei invita i giovani a dedicare del tempo nell’attività di volontariato per la distribuzione dei Cuori di biscotto.
Sì perché credo che l’impegno incondizionato per gli altri, in qualunque forma si pratichi, rappresenti sempre un investimento positivo, non solo nei confronti di chi questo sostegno lo riceve ma anche per la propria sanità mentale. Non esiste nulla di più gratificante di sapere di aver fatto la cosa giusta.
I tempi della ricerca scientifica sono lunghi e le donazioni regolari per Telethon sono fondamentali per pensare e progettare un investimento a lungo termine.
Poter pensare a lungo termine è fondamentale nella ricerca come nella vita di ognuno di noi. Per esempio, il mestiere dell’attore è costellato di rifiuti e frustrazioni, anche quando si è già raggiunta una certa notorietà. Nell’immaginario collettivo chi fa il mio mestiere è considerato un privilegiato. In realtà, una minima percentuale degli attori lo è, tanti altri possono ritrovarsi spesso in serie difficoltà. Per questo noi attori abbiamo creato un’associazione di rappresentanza di cui faccio parte che tutela la nostra categoria e che ha lavorato per la creazione di Contratto Collettivo Nazionale.
Un elemento imprescindibile nel caso della scienza, e di Fondazione Telethon, proprio in funzione della necessità di garantire alla ricerca un adeguato sostegno affinché i suoi progressi possano tradursi in terapie efficaci. Un auspicio che mi preme sottolineare e che mi vedrà ancora impegnata al fianco della Fondazione.
Per finire… la storia di Fondazione Telethon è costellata da sfide da superare. Come artista quale potrebbe essere la sfida di Maria Pia Calzone?
La regia. Mi piacerebbe moltissimo, si. Ho anche scritto la sceneggiatura per un cortometraggio che ha come protagonista una bambina che affronta, dal suo punto di vista, il tema della malattia. Chissà, forse un giorno riuscirò a realizzare questa opera. Ma devo arrivare alla consapevolezza di essere pronta per affrontare un’avventura simile!