Un nome, una borsa. La parafrasi del famoso adagio ben si addice alla moda e alle forme di Mia Bag, la factory milanese specializzata nella produzione di borse su cui campeggia, a scelta ovviamente, il nome o le iniziali della proprietaria. Artefice e deus ex machina dell’azienda è Monica Bianco, dinamica designer che ha deciso di sostenere la Fondazione Telethon sia attraverso la collaborazione con Auchan Retail Italia per la realizzazione delle borse, sia producendo alcune pochette che sono state consegnate nel corso del Galà Telethon lo scorso 19 ottobre.
Le borse Mia Bag si caratterizzano per un segno identitario molto marcato, che giunge fino alla personalizzazione. È un modo per affermare che la vita di ognuno è “speciale”?
«Le mie borse sono rivolte ad un pubblico speciale che vuole avere la propria borsa “solo mia”, unica perché pensata da me come la voglio, come l’ho immaginata e come non l’ho trovata tra quelle in commercio. La mia borsa, che potrebbe essere simile alla tua, ma non lo è perché me la sono fatta a modo solo mio».
Le sue creazioni sono molto originali e non convenzionali, e il colore è un elemento importante. Se dovesse attribuire un colore al concetto di “ricerca” quale gli attribuirebbe?
«Nella mia ricerca non vedo un colore ma vedo tanti colori che diventano pattern, textures, fantasie. Importanti per me sono i dettagli, i particolari, le piccole sfumature, le personalizzazioni che insieme fanno una borsa diversa, unica».
Moda e solidarietà, un binomio non inedito ma che funziona, quando non si tratta solo di una operazione di immagine. Come nasce la sua collaborazione con Fondazione Telethon?
«La mia collaborazione con Telethon nasce in un momento speciale e, soprattutto, dall’incontro con una persona speciale proprio quando sentivo la necessità di aprirmi al mondo della solidarietà. Da qui in poi vorrei essere parte di altri progetti seri come quelli di Telethon finalizzati ad un bisogno altrui, dove io possa essere realmente di aiuto, economicamente e non».
Lei aveva già conoscenza di Telethon e delle sue attività prima di intraprendere il cammino accanto alla Fondazione? Cosa l’ha convinta a sostenere proprio la ricerca sulle malattie genetiche?
«Conoscevo Telethon ma molto superficialmente e se devo essere sincera ero anche scettica perché pensavo che tutte queste associazioni in qualche modo lucrassero dalle raccolte fondi. Con i vari incontri mi sono subito ricreduta e i bambini sono stati quelli che mi hanno convinta immediatamente!».
Qual è stato il bilancio dell’esperienza vissuta sinora e quali iniziative state predisponendo per il futuro?
«Umanamente è stata un’esperienza molto positiva. Ovviamente ci sono stati risultati anche a livello visibilità e di prestigio per la mia azienda ma la soddisfazione maggiore, sicuramente, è quella che ho ricevuto a livello personale. Come iniziative future mi piacerebbe continuare a partecipare a progetti con Telethon e poi vorrei anche dedicarmi ad iniziative legate alla piaga della violenza sulle donne argomento verso il quale sono molto sensibile».