«Quando rifletto su cosa significhi “Andare lontano” non posso fare a meno di ritornare con il pensiero al messaggio di Susanna Agnelli, ovvero che un giorno Fondazione Telethon, auspicabilmente, possa non esistere più perché si è giunti alla soluzione per tutte le malattie genetiche».
Non fa sconti al suo impegno Stefano Tigani, 44 anni, coordinatore dell’area veneziana, avvocato di Mirano (Ve), rifacendosi direttamente all’obiettivo ultimo della missione di Telethon. «Quando mi sono avvicinato alla Fondazione, non molto tempo fa, nel 2012, cercavo un’esperienza che potesse rispondere al mio desiderio di attivarmi nel sociale».
Come è successo?
Ho incontrato Telethon attraverso un annuncio sul Corriere della Sera con cui la Fondazione cercava figure per il ruolo di coordinatore. Questa richiesta ha incontrato un mio desiderio profondo, per questo mi sono presentato, ho fatto dei colloqui e ho assunto l’incarico. Siamo partiti subito. Con il lavoro che faccio non ho tantissimo tempo da dedicare a questa attività, che del resto ha riempito piacevolmente la mia vita, ma compio grandi sforzi per sfruttare ogni occasione.
Qual è, come coordinatore, il tuo obiettivo primario?
Il mio è un coordinamento piuttosto giovane. Per questo il mio obiettivo principale è quello di cercare di aggregare quante più persone possibili intorno a questa bella avventura e alle iniziative di supporto a Telethon, persone che non siano meteore fugaci ma che rimangano, e che prestino la loro opera con entusiasmo e costanza. Il compito più difficile è quello di creare un contingente di volontari e sostenitori più o meno stabile. Fortunatamente sempre più persone si stanno avvicinando alla Fondazione.
Come hai organizzato la tua attività?
Logisticamente posso sfruttare gli spazi del mio studio. Io poi provengo dal mondo dello sport e quindi ho basato parte del programma delle iniziative di sostegno a Telethon sulla collaborazione con organizzazioni sportive attive sul territorio. Ma la parte cruciale del mio coordinamento è finalizzato a creare delle collaborazioni con altre associazioni, come l’Anffas. Anche la piazza rientra tra i “canali” di raccolta di fondi, ma mi rendo conto di dover lavorare ancora molto per aumentare il livello diffuso di consapevolezza. È vero che la parola Telethon suscita l’interesse di molti e provoca l’apertura di molte porte, ma vorrei che sempre più persone, anche quelle non coinvolte emotivamente perché portatrici di storie di sofferenza o disagio, si fermassero ad approfondire la conoscenza delle nostre attività di ricerca.
Per la campagna Andare Lontano quali iniziative avete messo in campo?
Io conto molto sull’effetto amplificatore della Rete. Quindi la prima azione in programma è la produzione di un video da diffondere attraverso i canali social, soprattutto Facebook, dove posso contare su un consistente gruppo di circa 2.500 tra amici e sostenitori. E poi ci sono gli eventi in vista della campagna di Natale: sono da poco andato a parlare con il sindaco di Cortina d’Ampezzo, dove ogni anno si organizza la Maratona di Babbo Natale, e siamo d’accordo che avremo uno spazio il 23 dicembre. E poi vorrei puntare sulla collaborazione con una manifestazione, il “Miranese dell’anno”, che ha un buon seguito e che premia personalità locali che si sono distinte nel proprio campo. L’iniziativa si svolgerà a fine ottobre, quindi abbiamo un mese per lavorare sull’organizzazione.
Un’attività che punterà a sensibilizzare i potenziali sostenitori anche sui programmi di sostegno alle famiglie colpite da malattie genetiche rare, come per esempio “Come a casa”…
Certo. Premetto un ragionamento che mi capita spesso di proporre a chi contrappone un atteggiamento di scetticismo di fronte alla mia presentazione di Telethon. A volte è necessario soffermarsi a riflettere sul fatto che anche il concetto di “rarità” si dilata se si pensa al numero di quanti sono i tanti, piccoli e grandi, pazienti affetti da patologie genetiche. E ancora di più la platea si amplia se si calcola l’indotto di sofferenza che ogni paziente, purtroppo, porta con sé. Sono tante le persone che riflettono e rimandano la sofferenza di chi sta male, e anche per queste persone il nostro impegno è fondamentale. Non mi stancherò mai di ripeterlo.
Per finire, cosa rappresenta per te la ricerca scientifica?
Ti confesserò una cosa che ho scoperto da poco. Il professor Salviati di Padova mi ha spiegato che gli studi rivolti a identificare una terapia per le malattie genetiche rare servono anche, e a volte in maniera preponderante, a identificare cure per malattie molto più diffuse. Gli effetti della ricerca, quindi, si ripercuotono su ognuno di noi, inesorabilmente. La consapevolezza che la ricerca apre la via per una speranza di benessere diretta verso ognuno di noi, può veramente avere un effetto dirompente e, sicuramente, di grande impatto per Fondazione Telethon.