Genetica molecolare del disturbo autistico: caratterizzazione funzionale della vulnerabilità conferita dagli alleli del gene per reelin e identificazione di ulteriori geni coinvolti nella malattia
- 2 Anni 2002/2004
- 130.610€ Totale Fondi
Il disturbo autistico rappresenta una grave malattia neuropsichiatrica infantile, la cui incidenza è apparentemente in sensibile ascesa. Le ipotesi attualmente più accreditate prevedono un numero limitato di mutazioni genetiche predisponenti ed una importante interazione gene-ambiente.
Abbiamo recentemente identificato varianti genetiche che predispongono a questa malattia nel DNA che codifica Reelin, una proteina molto importante per lo sviluppo cerebrale; abbiamo inoltre scoperto che questa proteina possiede un'attività enzimatica che viene potentemente inibita dagli organofosfati, pesticidi ed insetticidi molto diffusi. Poiché queste varianti genetiche predisponenti sono caratterizzate da una ridotta produzione di proteina Reelin, ne deriva un modello interattivo gene-ambiente in cui gli individui che le posseggono sarebbero geneticamente vulnerabili perchè particolarmente a rischio, se esposti in epoca prenatale a dosi basse ma farmacologicamente attive di organofosfati, di subire alterazioni della migrazione cellulare responsabili poi del disturbo autistico.
L'attuale progetto si prefigge nei prossimi 2 anni di (1) validare a livello neuroanatomico e comportamentale questo modello, esponendo ad organofosfati durante la gravidanza topi che presentano una produzione di Reelin ridotta spontaneamente del 50% (“modello animale”); (2) verificare mediante test psicologici se individui normali, portatori di queste varianti genetiche, presentano tratti autistici minimi di personalità (“portatori sani”); (3) se altri geni che producono proteine associate a Reelin nel sistema nervoso posseggono mutazioni o varianti capaci di spiegare o di contribuire alla malattia (“screening genetico”).
La eventuale validazione del nostro modello potrà portare sicuramente a misure immediate di natura preventiva circa l’uso degli organofosfati nell’ambiente, ed eventualmente a diagnosi più precoci ed affidabili, e a nuove strategie terapeutiche.